Vento di mare, vento di terra, libeccio, grecale e via dicendo. Qui, nell’estremo ponente della provincia di Imperia, affacciati come siamo sul mare, siamo portati a considerare il vento un ospite abituale. Io, dal canto mio, non sono mai riuscito a imparare i nomi precisi dei vari fenomeni. Tant’è!
Di solito, insiste un vento di mare. Come quello che spira proprio qualche giorno fa (ma la fotografia appartiene ad un mio vecchio archivio!).
Un vento che mi fa tornare in mente tante immagini e tante situazioni.
Pensando alla vicina Provenza, un dicembre di diversi anni fa con una Marsiglia veramente flagellata: dal sagrato di Notre Dame de la Garde sembrava che l’isolotto d’If venisse, insieme a tutte le memorie del Conte di Montecristo, da un momento all’altro inghiottito dalla furia del mare. E per associazione d’idee penso ad un vento (dei venti) che ha (hanno) altre provenienze e che quasi sempre si accompagna (accompagnano) allo scorrere tumultuoso di torrenti e di fiumi montani, il vento (i venti) che spira (spirano) nelle Alpi di Bassa Provenza nelle pagine di Pierre Magnan, dense di omicidi gotici, di personaggi comunque indimenticabili anche perché quasi tutti avulsi dallo scorrere della storia, dei variopinti colori di cime, foreste, prati, rocce, forre, giardini segreti; della natura e di pietre, pregne di storia, insomma.
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